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2.12.12

IL TEMPO È UN DIO BREVE...?

IL TEMPO È UN DIO BREVE
di Mariapia Veladiano
Einaudi 2012


STORIA

-Quanto amore serve a salvare un amore?-

Al centro di questo romanzo misterioso e potente, che scorre in una lingua tersa dove sembrano risuonare insieme gli echi delle vite dei mistici e la poesia di Emily Dickinson, c'è la figura di Ildegarda. Una donna che viene lasciata dal marito amatissimo ma devastato nello spirito. La sua solitudine è illuminata solo dall'amore per il figlio che adora. Quando l'ombra della morte sembra sfiorare il bambino, Ildegarda si interroga sul male del mondo, sulla paura di vivere, di perdere l'amore, di perdere il figlio. Lo strazio per l'abbandono e soprattutto l'angoscia per non saper proteggere il figlio portano Ildegarda a cercare nella sua fede irrequieta una strada di salvezza. Un patto con quel Dio che appare impotente di fronte al dolore dell'uomo. È la lotta che ciascuno di noi, credente o no, un giorno si trova a combattere. Un nuovo inatteso incontro, nell'incanto di un paesaggio di neve dalla bellezza struggente, porta Ildegarda a vivere una passione del corpo e dello spirito che ha in sé un'attesa di eternità. Di un'altra vita e giorni nuovi. Perché il sogno di ogni amore è che il miracolo non abbia fine. Forse è solo una promessa, ma una promessa è molto piú potente di un sogno.





RECENSIONE

Il libro Il tempo è un dio breve è stato concepito prima de La vita accanto, romanzo che presentava una situazione molto concreta di forte impatto: la nascita di una bambina particolarmente brutta in una famiglia che viene devastata dall'evento
Nel secondo romanzo già il titolo segnala che il tema trattato  fa riferimento alla religiosità mistica cristiana da Agostino a Meister Eckart a San Giovanni della Croce. Tutta la tematica teologica si dipana in una storia venata da complicazioni psicologiche, che ricordano in qualche modo Piovene. Vi è una famiglia di medio-alta borghesia, con tare che danno luogo a stranezze di comportamento e casi di anaffettività quasi patologica.
La protagonista, l'io narrante, ha un figlio amato intensamente, che viene colpito da una malattia molesta ma non grave. Nasce così nella madre la consapevolezza dell'ingiustizia fondamentale del dolore degli innocenti. L'attitudine della protagonista alla dolente meditazione religiosa allarga il pensiero del "male degli innocenti" ad una dimensione storica. Il problema, importante e dibattutissimo nei secoli, si risolve in una nuova consapevolezza, quando avviene l'incontro con un pastore protestante che ha perso il figlio ed è stato abbandonato dalla moglie. Dalla coscienza di entrambi nasce una nuova visione della vita e del dolore: il senso religioso supera nell'infinito e nell'eterno l'evento umano e qui il senso del titolo si svela. La mamma pur avendo trovato una compensazione nell'amore del "pastore luterano" ha drammaticamente il desiderio di salvare dal dolore il figlio e pensa di offrire in cambio la propria vita. Il cambio purtroppo si compie, la mamma si ammala  ma l'amore fa superare tutto e in un finale di fasto spirituale colle nozze ci si avvia ad una contraddittoria grande serenità. Il libro si conclude con un "pianissimo" con uno  spegnersi della coscienza nella malattia santamente accettata.

La narrazione è densa di descrizioni minute e attente al comportamento delle singole persone, denunciando la piacevolezza tutta veneta dei particolari. E pure è densa di una compiaciuta complicazione spirituale che, con difficoltà, coinvolge chi non è immerso in una cultura religiosa come quella che informa il libro.                         .

(VA BENE CHE NON POSSIAMO NON DIRCI CRISTIANI MA QUI SI ESAGERA! n.d.r.)

Luciano V.

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