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8.4.13

Oh... che storia!

Oh...
di Philippe Djian
Voland Edizioni
traduzione di Daniele Petruccoli 


LIBRO

Un titolo enigmatico che ha il sapore di un’amara liberazione, o magari forse di una resa. Michele è una produttrice cinematografica di successo con un figlio, un matrimonio fallito alle spalle, una madre tutta rifatta e un padre che marcisce in galera. Una sera viene violentata da uno sconosciuto in passamontagna mentre rientra a casa e inizia così la sua lenta e inesorabile discesa agli inferi. Uno straordinario ritratto di donna, un romanzo politicamente scorretto, il racconto di una società che non merita salvezza.




RECENSIONE
 
Ha per titolo un monosillabo, un’esclamazione con puntini di sospensione. La stranezza dell’opera traspare già dal titolo, che sembra quasi sottolineare la sorpresa che suscita, accompagnata dalle perplessità che inevitabilmente ti lascia un’opera con queste caratteristiche.
Definirlo politicamente scorretto non rende l’idea.
Racconta, senza suddivisone in capitoli e in un’ininterrotta narrazione in prima persona, alcune settimane della vita della protagonista, una donna che ha trovato il successo professionale, ma attorno alla quale ruotano elementi di notevole criticità. Un ex marito che non si rassegna al proprio fallimento professionale, un figlio alla ricerca di una posizione in questo mondo, un amante che non accetta la conclusione del loro rapporto, un padre in carcere per aberranti reati, una madre anziana interamente ridisegnata dalla chirurgia plastica. Nel corso della narrazione si aggiungono sempre più inquietanti elementi di disturbo, in un susseguirsi di incredibili eventi che fanno crescere la tensione narrativa fino all’inverosimile eppure catartico finale.
L’opera inizia con la violenza sessuale subita da Michèle da parte di uno sconosciuto e subito ci si  chiede come farà l’autore a sostenere il racconto dopo un inizio di questo tipo. La risposta è che lo farà egregiamente, facendo calare la donna in un vortice di eventi sempre più estremi.
È un’opera volutamente provocatoria, in cui il contenuto perde di significato rispetto alla perfetta esibizione stilistica. L’abilità dell’autore e la potenza della scrittura rendono credibile una trama altrimenti inverosimile e irrilevante rispetto all’aspetto estetico.
Il contenuto, trattato come materiale indifferenziato, fa da contrasto alla forma. La scrittura brillante e scorrevole rende sopportabili descrizioni di fatti che altrimenti sarebbero unicamente oggetto di scandalo. La qualità della prosa dipinge in modo meno triste situazioni di assoluto nichilismo, rendendo quasi simpatici personaggi altrimenti insopportabili per il degrado in cui si lasciano trasportare.
Il finale è del tutto inaspettato rispetto alle premesse, di quelli che non si dimenticano.
Gioia M.

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